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Le implosioni di Faceboom: vite incatenate a Trieste

da Glam Art 

Sabato 14 aprile, alle ore 19, GLAM ART IN PRIMOPIANO, Centro Culturale e di Esposizioni artistiche (Trieste – Capo di Piazza Gianni Bartoli, 1) ospita un incontro con Paola Bottero, autrice di “Faceboom – vite incatenate ai tempi dei social” (Sabbiarossa Edizioni), giunto alla seconda edizione dopo cinque ristampe.

Paola Bottero, giornalista esperta di comunicazione pubblica, scrittrice ed editrice, già autrice di cinque libri e coautrice di altri due, è nata a Torino ma vive tra Roma e Reggio Calabria, sperimentando e contaminando i mondi lavorativi e sociali in cui si muove. L’incontro-intervista sarà condotto da Franco Rosso, che anticipa come Faceboom si riveli come uno spaccato della società dell’apparire, che poco spazio lascia a valori e sentimenti. Ben prima della nascita dei social che oggi sembrano dettare il ritmo della società occidentale, Bukowski aveva affermato La gente non ha bisogno d’affetto. Quello di cui ha bisogno è il successo, in una forma o nell’altra. Una frase anticipatrice di una realtà che riconosciamo in questo libro, nel quale attraverso 18 racconti la Bottero fotografa un’Italia sempre diversa e sempre uguale, in cui regna l’assenza d’amore, interpretata da una serie di personaggi con nessuna vita vera, dove la realtà si manifesta come una implosione verso il nulla.

Diciotto vite che si dipanano tra chat e commenti ai ritmi dei social, i cui protagonisti si pretendono assolti da ogni tipo di legame che non sia quello dell’effimero e dove gli altri sono specchi su cui far risaltare le proprie vacue virtù e la propria inconsistente eccezionalità: per poi rimanere soli. Nessuna manifestazione di vita vera, niente oltre l’on line, inseguendo di fatto l’antidoto alla solitudine: il successo immediato, anche solo in forma di like.

Migranti nella neve. E Beltempo sarà

Il Fatto Quotidiano apre oggi con questa notizia: dopo la chiusura del confine di Ventimiglia, le Alpi sono diventate la nuova rotta dei migranti che vogliono andare in Francia. Il video, più che esaustivo, rimanda alle pagine di Beltempo, romanzo che ha un’età indefinita: dai tre anni e mezzo dalla sua prima pubblicazione alle decine di anni della storia parallela dei passeur alla contemporaneità totale con le storie raccontate stamattina da .

A Bardonecchia, oggi come allora, decine di persone ogni giorno scommettono sulla propria vita, mettendosi sui sentieri per cercare di eludere i controlli della polizia. Affrontano la neve vestiti con jeans e scarpe di tela provando a raggiungere il loro sogno, la libertà.

S4-Beltempo-coverSaverio Pazzano ha raccontato la storia dei disperati di ieri e di oggi: la storia antica che odora di rifugi e brigate partigiane, di montagna e di Alpi, il tempo che avvita il passato e il presente, emigrazioni di ieri e di oggi, che convocano con l’urgenza delle scelte importanti. Questo è il compito della narrativa: anticipare i tempi, spiegare la storia soprattutto quando è poco evidente.

Non tutti possono essere scrittori

Non basta saper cucinare un piatto di pasta e un rollè pronto comprato dal macellaio per diventare un cuoco gourmet. Non basta divertirsi il sabato sera con il karaoke per diventare un cantante da Music Awards. Non basta avere uno strumento in casa per diventare musicisti. Non basta una comparsata in qualche emittente televisiva, locale o nazionale, per diventare conduttori di Sanremo. Non basta avere una telecamera per diventare registi o attori professionisti. Non basta disquisire di calcio nel fine settimana per diventare allenatori. Non basta avere sempre in mano uno smartphone con la frenesia dello scatto multiplo per diventare fotografi professionisti. Non basta ricopiare aforismi sui social per essere persone di cultura. Non basta avere l’ossessione compulsiva da tastiera riversando in blog più o meno consolidati comunicati stampa, notizie, commenti e testi di vario genere e varia provenienza per diventare giornalisti da Pulitzer. E non basta, infine, scrivere per diventare scrittori.

E invece. E invece ci siamo trasformati in un popolo di cuochi, cantanti, registi, attori, allenatori, fotografi, giornalisti, opinionisti, scrittori. Ce lo diciamo da soli. E ci crediamo. Perché è tutto a portata di mano: se la commessa o lo studente possono diventare personaggi nazionali a colpi di talent show, allora chiunque può definirsi come meglio crede. Chiunque può trasformare in (presunta) professione il proprio sogno. Il talent al posto del talento, come l’impegno social al posto di quello sociale. E così via, con infinite declinazioni di orwelliana memoria.

Ci porterebbero molto lontano le riflessioni su questo “tramonto di un mondo” di cui scriveva Corrado Alvaro. In un luogo dove in pochi (forse pochissimi) vorrebbero-saprebbero arrivare. Ma non è questo il tempo, né il luogo.

Qui, oggi, mentre lavoriamo con la seconda scrematura della marea di manoscritti giunti nell’ultimo trimestre, per poter arrivare ad una rosa di “papabili” editi, siamo stati assaliti da una doppia certezza.
La prima: pubblicare non è un dovere categorico delle case editrici. O più esattamente, delle vere case editrici. Perché quelle a pagamento, dichiarato o no (anche l’obbligo dell’acquisto di un tot numero di copie è editoria a pagamento travestita), ce l’hanno ovviamente come dovere: di sopravvivenza commerciale, esattamente come le tipografie, che campano finché stampano.
La seconda: pubblicare non è un diritto degli aspiranti scrittori. Perché non tutti lo sono. Non tutti lo possono essere. E non è vero che volere è potere, con buona pace del nostro grandissimo Alfieri. Certo, questa seconda certezza è molto più difficile da dimostrare come reale. Perché in un modo o in un altro chi vuole pubblicare – per poter inserire”scrittore” nel proprio profilo social o sotto le locandine di fantomatici happening letterari – pubblica. Anzi, ha una vasta possibilità di scelta: dal self publishing ai “concorsi” per inediti, passando attraverso il mondo vasto dell’editoria a pagamento. E se poi si trova cartoni pieni di volumi in casa, tra amici, parenti e conoscenti, in qualche modo può anche riuscire a contenere la spesa.
La colpa è nostra. Proprio così: la colpa è di noi editori (aspiranti, sedicenti o reali lo dirà il tempo), che non andiamo troppo per il sottile anche se siamo grandi ed affermati. La colpa è anche degli autori (aspiranti, sedicenti o reali lo dirà il tempo, anche in questo caso), che quando si sono fatti un nome che vende a prescindere dal prodotto (scrivere titolo è già dare troppo al tipo di pubblicazione proposta) pensano di poter definire libro anche il diario con pagine bianche vendute a lettori che loro stessi trasformano in autori. La colpa è del fatto che si legge sempre meno, e purtroppo molti dei (pochissimi) libri acquistati servono come base per l’autografo o il selfie, per poi essere abbandonati intonsi (nelle librerie quando va bene, a tenere aperte porte o in cantina quando va meno bene).

E a proposito di leggere. Ci rimettiamo a farlo. Perché è il nostro lavoro. Ma prima ancora perché è la nostra passione. E ci piacciono i bei libri. Ma per trovarli bisogna leggere tanti inediti. Individuare quelli che vale la pena di rileggere, aiutarli ad uscire dal bozzolo, seguirli passo passo fino a quando prendono forma e si mettono in gioco con i lettori. Lʼeditoria non è un gioco, è un lavoro duro e lungo. Ma che può dare, che dà, grandissime soddisfazioni. Quasi come leggere.

Faceboom sul TGR

Livia Blasi intervista Paola Bottero: dal quarto d’ora di celebrità di Andy Warhol alle 18 storie incatenate di Faceboom.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=h3VKbcvItGA]

Ubik e Faceboom

Faceboom di Paola Bottero sbarca a Catanzaro:
l’11 dicembre appuntamento alla Ubik

A partire dalle ore 18 e 30 la presentazione del libro sarà l’occasione per declinare insieme all’autrice il tema che si intreccia fortemente alle storie raccontate: “vivere ai tempi dei social”: dalla narrativa alla vita reale (o quasi), andata e ritorno.

2015-1211-S5-ubik-czDopo gli appuntamenti di Vibo e Reggio Calabria arriva anche a Catanzaro Faceboom, la novità narrativa di Paola Bottero per Sabbiarossa Edizioni, collana STORIE [S5]. L’appuntamento è per venerdì 11 novembre – ore 18 e 30 – alla Libreria Ubik in Via del Progresso a Catanzaro Lido, per declinare insieme all’autrice il tema che si intreccia fortemente alle storie narrate da Faceboom – “vivere ai tempi dei social”: dalla narrativa alla vita reale (o quasi), andata e ritorno.

“Quello di cui ha bisogno è il successo, in una forma o nell’altra”, scriveva Bukowski, molto prima della nascita di un mondo parallelo, quello dei social che oggi sembrano dettare i ritmi ed il senso della quotidianità del mondo occidentale. A quel pensiero il lettore ritorna ogni attimo, scorrendo una dopo l’altra le 18 “vite incatenate ai tempi dei social” con cui la narratrice ha voluto esplorare un tema che le è molto caro: la vita in assenza di amore.Vita che scorre nell’arco temporale di un anno, da gennaio a dicembre, quasi a ripercorrere tutte le stagioni possibili. Vita che scorre alternando un protagonista maschile ad uno femminile, facendo affacciare sempre nel racconto precedente il o la protagonista del racconto successivo. Diventa quasi automatico cercare di individuare, durante la lettura, la storia che seguirà. I 18 racconti sono assolutamente autonomi, possono essere letti con o senza in soluzione di continuità: il filo logico seguito da Paola Bottero ritorna sempre, anche a voler sparigliare le carte.

A leggerli con attenzione i racconti di Faceboom hanno sempre gli stessi protagonisti, che ritornano accanto ad ogni personaggio: un’Italia sempre diversa ma sempre uguale, l’ansia da social, l’assenza di amore o l’invano tentativo di comprenderne l’essenza. Uno spaccato di questa nostra società dell’apparire che ben poco spazio lascia a valori o sentimenti. E se sembra di intravederne uno spiraglio, ben presto la porta si chiude per aprire un computer, un notebook, uno smartphone. Nessuna esplosione di vita vera, una realtà che è un’implosione verso il nulla. In un inseguire sempre e ancora, con accanimento, un antidoto ad una solitudine patologica: il successo immediato. Anche se solo in forma di like.

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