Di chi è il porto di Gioia Tauro? Aldo Libri, da sempre sindacalista e conoscitore della realtà della Piana e dell’hub, non ha dubbi: il porto è suo.
«Vi avverto tutti: non scherzate con il porto. Ve l’ho detto: quel porto è mio e non potete condannarlo a morte. E non potete condannare la Calabria alla cancellazione di qualsiasi speranza verso il futuro. Senza il porto, o con un porto fortemente ridimensionato, cosa diventerebbe quell’area? La risposta è semplice, perché è già data dai fatti». Così si legge verso la fine del suo diario di viaggio-sfogo che sabbiarossa ED ha deciso di pubblicare, seconda uscita della collana TRACCE, con il significativo titolo il porto senza Gioia, gioco di parole che racchiude l’amara storia dell’importante infrastruttura.
Il libro verrà “battezzato” mercoledì 13 febbraio nella sala conferenzedel Palazzo della Provincia (piazza Italia, Reggio Calabria), a partire dalle ore 17. L’incontro, organizzato dall’associazione Snap, sarà coordinato dal giornalista ed editore Alessandro Russo, che ripercorrerà le tappe fondamentali nella storia del porto con Giuseppe Lavorato, ex sindaco di Rosarno e con Salvatore Costantino, ex sindaco di Seminara, oltre che con, Eduardo Lamberti Castronuovo, assessore provinciale a cultura e legalità, e con l’autore.
Nelle 168 pagine appassionate della nuova uscita di sabbiarossa EDIZIONI è racchiuso un viaggio in un’area dalle alte potenzialità e dalle altissime contraddizioni, un viaggio senza sconti, con nomi e cognomi, fatti e ricordi. Proprio oggi, che il porto è ritornato, in campagna elettorale, una priorità di cui parlare in ogni occasione e da ogni area politica, rileggere la sua storia “dal di dentro” potrebbe aiutare a comprendere perché con le parole non si va da nessuna parte.
Il diario di Libri non è solo il diario di un sindacalista impegnato. È anche un j’accuse e al contempo una resa di fronte all’evidenza di un territorio in cui le speranze di sviluppo legate a uno dei porti più importanti del mondo s’infrangono contro il muro, a volte invalicabile, fatto di promesse mancate, ‘ndrangheta, malapolitica, clientele, ottusità e spreco delle risorse pubbliche. Dalla primavera dei sindaci antimafia all’arrivo dei grandi operatori mondiali del transhipment, il porto senza Gioia ripercorre anni formidabili e terribili, in cui figure straordinarie e personaggi meschini si sono confrontati su un campo dove le regole, spesso, sono state truccate per interesse o per miopia di chi avrebbe dovuto farle rispettare.
Alla luce della realtà raccontata nel libro assume un significato forte e inequivocabile anche la scelta, da parte dell’artista Caterina Luciano, art director e illustratrice di ogni cover di sabbiarossa, del diorama come tecnica di sintesi: cosa, meglio di un teatrino di cartone e segni, costruito con colori cupi, navi portacontainer sospese in un mare lucido e respingente, elmetti accatastati come immondizia o appesi, come quello in primo piano, “impiccato” a un “cavaliere”, avrebbe potuto rappresentare le troppe contraddizioni dell’hub “senza Gioia”?