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C’è vita oltre Faceboom?

C’è vita oltre Faceboom?

Non servono i numeri di Charles Chu, giornalista americano che si è preso la briga di calcolare il tempo medio utilizzato da ciascuno sui social network (608 ore all’anno) e, raffrontandolo con i tempi medi di lettura (tra le 200 e le 400 parole al minuto), ha rivelato che se si leggesse invece che stare sui social leggeremmo almeno 200 libri l’anno (e oggi consideriamo lettori forti quelli che riescono a leggere dieci titoli l’anno).

Non servono quei calcoli, perché basta leggere alcune notizie di cronaca per avere il quadro aberrante di ciò che possono diventare i social quando si sceglie, invece dell’uso, l’abuso: dal pluriomicida/ suicida che ha filmato e postato in diretta il suo ultimo delitto alle troppe ragazze che si sono tolte la vita per i contenuti postati e non rimossi dai social, gli esempi di vita reale che si intrecciano con la vita social rendono urgente affrontare il tema da più angolature.

C’è vita oltre Faceboom? Questa la domanda che si sono posti il Cis (centro internazionale scrittori) Calabria, il Rhegion Julii e sabbiarossa edizioni, partendo dalle vite incatenate – e narrate – da Paola Bottero nei 18 racconti che fanno parte, appunto, di Faceboom (sabbiarossa edizioni). Le risposte saranno il filo conduttore dell’incontro organizzato in sinergia all’interno della rassegna culturale San Giorgio. Una rosa. Un libro, che si terrà a Palazzo Alvaro (ex sede della Provincia di Reggio Calabria, in piazza Italia) nel prossimo fine settimana. Sabato 22 aprile, alle ore 18, nella sala conferenze del piano terra, Loreley Rosita Borruto, Mafalda Pollidori, Pino Rotta e Paola Bottero partiranno dall’opera narrativa per una riflessione ad ampio raggio sulla vita – e la non vita – social.

Spiega Mafalda Pollidori, neo presidente del Rhegion Julii: «Partendo dalla tagliente ed appuntita riflessione di Paola Bottero – che emerge dalla raccolta dei 18 racconti di Faceboom – sulla incomunicabilità celata dietro una sovraesposizione parolaia, l’incontro sarà occasione per riflettere sul potere dei “like”. Infatti, inseguendo “le vite incatenate” dei protagonisti delineati dalla chirurgica scrittura della Bottero si parlerà della vita… della vita al tempo dei social e si cercherà di mettere insieme i cocci di “quello che qualcuno insiste a chiamare mondo reale”».

Loreley Rosita Borruto, del Cis Calabria, aggiunge: «Avere o essere? Se lo chiedeva Eric Fromm, aprendo a riflessioni che oggi sono ancora più contemporanee. Oggi la risposta potrebbe essere, semplicemente, “apparire”, come perfettamente sintetizzato nella frase di Bukowski. I social, che pure hanno connotazioni positive, hanno cancellato i dialoghi ed i rapporti intimi, la privacy. Siamo diventati come le monadi di Leibnitz, isole non comunicanti che si sono lasciate fagocitare dagli squilibri di allontanamento dai sentimenti. E se non abbiamo più contatti diretti, poco per volta perdiamo anche altro, a partire dal senso della parola, ormai cancellato dalla povertà del linguaggio».

«I social sono lo specchio distorto della realtà»: secondo Pino Rotta, presidente del Corecom, «Facebook, proprio come narrato in Faceboom, è l’amplificatore delle solitudini sociali, dell’emarginazione, del senso di impotenza. Si avverte, nei social, la mancanza di conoscenza che diventa struttura, che impoverisce i linguaggi, che si fa emergenza sociale. Lavoro da anni su questi argomenti, perché credo urgente una prevenzione a livello pedagogico: il Corecom ha sottoscritto due protocolli d’intesa con la Commissione Pari opportunità per cercare di mettere un freno al cyber bullismo, ma la strada è ancora molto lunga».

«Siamo un po’ i marziani di noi stessi e della nostra umanità» chiosa Paola Bottero, autrice di Faceboom. «C’è vita su Marte? ci chiedevamo un tempo. Oggi la domanda è “c’è vita oltre i social, oltre la rappresentazione che facciamo di noi stessi?”. Per me i social sono da sempre strumenti di amore e di odio: possono dare tantissimo, se usati bene. Possono diventare micidiali se abusati. E ne stiamo abusando da tempo, svuotando il senso non solo delle parole, ma anche della nostra stessa natura umana: la condivisione diventa un post o un like, il dialogo si trasforma in commenti acidi, troppo cattivi o troppo buonisti, su qualsiasi argomento, l’attenzione per il sociale diventa ansia di avere una visibilità social, in un’implosione continua e costante che sta rubandoci l’umanità. Da queste riflessioni sono nate le vite incatenate. E ancora oggi la domanda è quotidiana: c’è vita oltre Faceboom?».

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