Invece di lavorare spinti sulla strategia di social media marketing, strategist ed addetti al mkt dovrebbero combinare i diversi mezzi, creando tattiche social e accedendo alla new tecnology non in modo diretto ed unicìvoco, ma mescolando carte e canali per garantire l’efficacia delle azioni.
Potrebbe essere sintetizzato così il consiglio di Forrester, società americana di ricerche di mercato che fornisce consulenza sull’impatto attuale e potenziale della tecnologia.
Forrester ha appena reso noto i risultati della sua ultima ricerca: sui social media nel 2020 si spenderanno 112 miliardi di dollari in pubblicità. Eppure gli addetti ai lavori sono insoddisfatti, rivela il sondaggio appena terminato: il 31% degli intervistati rivela di non saper dimostrare l’impatto dei social sul business.
Forrester non ha dubbi: i social disorientano gli operatori. Non è sufficiente una campagna promozionale per impattare sui social. Non basta calendarizzare una spesa, cercare una creatività accattivante e buttare là, nel mare magnum della rete, il frutto di un lavoro fine a se stesso.
In troppi hanno iniziato a lavorare sui social con aspettative irrealistiche, convinti che di un guadagno facile, di poter sbloccare grandi profitti con poca fatica. I risultati sperati non sono arrivati subiti: gli effetti sono lunghi, bisogna lavorare con strategie dilazionate nel breve, medio e lungo periodo. Così le aziende e i loro consulenti hanno cominciato a credere che i social potessero essere utili solo con la pubblicità: un nuovo mezzo, niente di più. Ma è un grande errore pensare che la pubblicità sia l’unica opportunità offerta dai social media.
Forrest, nel descrivere le ragioni alla base della maggioranza degli errori fatti sui social e nell’indicare come le aziende dovrebbe usare le competenze social per rafforzare altre funzioni di marketing, descrive in realtà il nostro lavoro. Il che ci rende particolarmente orgogliosi. E i risultati che raccogliamo nel tempo non fanno altro che consolidare i dati divulgati dalla società di ricerca.
La prima trimestrale del 2019 di Twitter fa ben sperare Jack Dorsey: gli utenti sono 330 milioni, i dati parlano di rilancio.
Il social che sembrava ormai prossimo alla fine, con una chiusura del 2018 con numeri poco entusiasmanti, nei primi tre mesi 2019 ha portato ricavi di 787 milioni di dollari: + 18% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (665 milioni), + 9 milioni di utenti rispetto a dicembre 2018. Dato, quest’ultimo, di non poco peso: sono molti 3 milioni in più di utenti al mese per una piattaforma che lotta da sempre contro account bot latenti, fake e verso contenuti di odio e violenti, procedendo mensilmente alla loro cancellazione. Numeri importanti, quelli degli account di cui Twitter si è liberata: si è arrivati a 70 milioni di account sospesi in 2 mesi, come reso noto a luglio 2018.
E dunque vengono meno quelle che in social mkt sembravano certezze, almeno fino a pochi mesi fa: accanto al lavoro su Instagram e Facebook bisognerà ricominciare a prevedere anche quello su Twitter.
42,3 milioni gli italiani online a marzo 2019: Audiweb ha reso noti gli ultimi dati sull’audience on line in Italia. E i dati parlano chiaro: il 70,8% della popolazione dai 2 anni in su – 3 italiani su 4 – a marzo sono stati online per 87 ore e 19 minuti (3 giorni e 15 ore). L’utilizzo di internet nel giorno medio a marzo vede coinvolti 33,3 milioni di individui, online principalmente da Smartphone: 28,6 milioni di utenti online si sono collegati almeno una volta nel giorno medio da Smartphone, l’87% dei maggiorenni online, collegati in media per 3 ore e 24 minuti per persona.
Chi ha navigato di più nel giorno medio a marzo? La metà degli uomini (55,6%, 16,6 milioni) e delle donne (55%, 16,7 milioni); gli under 45 hanno navigato almeno nell’80% dei casi, con l’82,8% dei 18-24enni online nel giorno medio (3,6 milioni), l’83,9% dei 25-34enni (5,7 milioni) e l’80,3% dei 35-44enni (7,2 milioni). Assidui fruitori della rete anche i 45-54enni, online nel 78% dei casi (7,5 milioni), e parte dei 55-64enni con il 66,5% degli individui di questa fascia d’età online nel giorno medio (5,4 milioni). La fruizione “quotidiana” da Smartphone ha raggiunto almeno il 70% della popolazione di 18-54 anni, con la quota più elevata per i 25-34enni (il 78% degli individui di questa fascia, pari a 5,3 milioni), continuando con il 75,6% dei 18-24enni (3,3 milioni), il 71,2% dei 35-44enni (6,4 milioni) e il 70,6% dei 45-54enni (6,7 milioni).
Circa l’87% dei maggiorenni online ha navigato da Smartphone almeno una volta nel giorno medio e l’84,5% lo ha fatto tramite applicazioni mobile. Proporzione che si riscontra anche nella distribuzione del tempo online da cui emerge che il 71,3% del tempo totale online è generato dalla navigazione tramite applicazioni installate sullo Smartphone.
Lo Juventus Stadium di Torino sarà presto aperto al pubblico, per permettere, al di fuori delle partite, di visitarne spazi, museo e architettura. Sabato 19 novembre 2011 ha ospitato un evento insolito per la location: la prima presentazione nazionale del romanzo bianco come la vaniglia, SABBIAROSSA 2011, che la giornalista e scrittrice Paola Bottero ha dedicato a Francesco Maria Inzitari.
A lui, juventino nel cuore, sono dedicate anche alcune stelle del nuovo stadio bianconero. A lui è stato dedicato il pomeriggio di sabato, organizzato dalla Fondazione che in suo onore e in sua memoria porta, dentro e fuori la Calabria, un messaggio forte contro la violenza, l’arroganza mafiosa e la subcultura criminale.
Dopo un giro nello stadio, la presentazione si è aperta con il filmato e le parole dette pochi giorni fa, in occasione della venuta della Nazionale di calcio a Rizziconi (Rc), da don Luigi Ciotti su Ciccio: “un ragazzo che amava lo sport, lo sport pulito. Un ragazzo dal cuore bianconero”.
L’incontro, moderato dal giornalista Alessandro Russo, è partito con l’intervento di Nicoletta Inzitari, sorella di Ciccio e presidente della Fondazione Francesco Maria Inzitari. Toccante nella parte in cui ha ricordato la voglia che il fratello aveva di vedere ultimato lo stadio torinese, in costruzione quando, due anni fa, è stato strappato alla vita.
Un intervento anche molto duro, nella condanna di tutte le mafie, pur con un messaggio finale di speranza: «Come diceva Giovanni Falcone la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine».
Caterina Luciano, artista piemontese cui la casa editrice ha affidato la realizzazione delle copertine, ha spiegato: «gli occhi straordinari di Francesco sanno di vita e di voglia di scoprire tante cose. Ho volutamente scelto uno sguardo abbassato: non ho voluto riportare quegli occhi nella copertina perché ciascuno dovrà riuscire a trovarli, come li ho trovati io. Ce ne sono tanti qui, stasera».
«Tutte queste iniziative antimafia lasciano qualcosa? hanno un senso?» ha chiesto Alessandro Russo a Don Pino Demasi. «Solo se lasciano un segno dal quale ripartire: la venuta della Nazionale di calcio a Rizziconi servirà a qualcosa se lascerà un segno sul territorio, se i bambini di Rizziconi andranno a giocare in quel campo, se l’esempio dello sport pulito inciderà sui cittadini. Don Ciotti ha voluto portare un fiore nella tomba di Francesco proprio per questo: per lasciare un segno, perché gli altri sappiano».
Infine, Paola Bottero ha ricordato che «Francesco era un ragazzo normale, ma anche un giovane di talento. Era corretto, era onesto, aveva tanta voglia di fare, era già un piccolo grande imprenditore. E per questo era un eroe. Un eroe normale, di quelli di cui la Calabria ha bisogno. Era un eroe perché voleva costruire il proprio futuro qui, perché non voleva scappare. Perché pensava che tentando di migliorare il proprio destino poteva migliorare la propria terra. Con questo romanzo ho voluto restituire umanità, ho voluto andare oltre quello che è stato etichettato solo come un fatto di cronaca. Ho voluto raccontare Francesco. Restituire umanità alle vicende, togliendole dalla stretta cronaca in cui le congeliamo come giornalisti, serve a restituire la memoria di persone straordinarie a chi non ha avuto la fortuna di conoscerle, ma serve anche a svegliare le nostre coscienze, troppo assuefatte a pensare che la violenza della ‘ndrangheta non ci appartenga ».